Eros e Thanatos

Eros e Thanatos

by Gianluigi Guarneri, Cremona 2012

Eros e Thanatos, Philia e Neikos, interpreti senza tempo del dissidio cosmico di Empedocle, aleggiano come entità profonde e pregnanti, nelle opere di Grazia Azzali. Declinazioni parallele dialogano tra loro, opponendosi alla frammentazione magmatica del caos, nel sotteso silenzio delle forme, tramite un’alchemica sintesi di evocative presenze. Questa entità, dalla femminea voluttà, veleggiano, nelle essenzialità dello spazio, attendono il vuoto, lo fissano, nell’acutissimo delinearsi della fine, lo acuiscono nelle violente discrepanze di effimere certezze, per sussurrare memorie infrante di segreti abissi. Dilatazioni cromatiche sfuggono dalle linee di un improbabile contorno, per evocare una dimensione metacognitiva dell’essere, dove l’indomito sentire dell’artista rifugge dal mondo stereotipato delle consuetudini interpretative, per addentrarsi nella sfera più autentica del sensibile sentire.

Nelle composizioni fotografiche di Grazia Azzali, ogni particolare è opera della sua manualità, dallo scatto fulmineo dell’immagine, immediato e gestuale, alla scomposizione delle forme, alla loro ricomposizione, nell’atto dello sviluppo, tramite sapienti viraggi e geniali emulsioni.

Indefiniti dinamismi cromatici sublimano in eleganti espressioni sequenziali, frame di immagini cancellate, inquieti rimandi di plastiche figure femminili perdute nell’oblio. Arcane vibrazioni emozionali fluttuano nelle profondità dell’animo, generando astratti e sofferti spazialismi, dove misteriose e indefinibili ombre attingono dal fluido vitale di sacrali forme.

Questo schiudersi e dischiudersi della materia, come fiori di un giardino incantato, ha una corrispondenza nei “Totem” piumati “Eidola”, ideati dall’artista, nelle poliedriche e variegate sperimentazioni compositive, dove il senso del Mito e del Sacro si integra, si amalgama con la forza rigeneratrice dell’arte. Le ritualità pagane, appaiono come collegate da un magico filo compositivo che trova le sue radici nelle incisioni rupestri, nelle classiche tonalità mediterranee, presenti nelle pitture parietali della “Villa dei Misteri” di Pompei, nelle variopinte piume dei copricapi Sioux, nei colori della Polinesia, dell’Isola di Pasqua, del Messico, dell’Africa, della Nuova Guinea.

Il rosso, il giallo, il nero creano un contrasto eccitante e sensuale, raccontano segreti riti dionisiaci, liberando le energie primordiali della natura, della vegetazione, della linfa vitale del creato. La liberazione dei sensi, conduce a uno scioglimento dell’identità umana, ad uno stravolgimento logico interpretativo, per ricongiungere l’Anima ad una originarietà universale. Quest’attimo iniziale riconduce all’eterno, all’infinito, trovando nelle figure femminili di Grazia Azzali, fantasmatici “Garuda”, spiriti zoo-antropomorfi, divinità silenti di arcane atmosfere, generata dall’incontro tra le razionali geometrie euclidee e le dilatate irrazionalità primordiali.

Un caleidoscopio di tonalità black, white, red, orange, racconta la donna, i suoi urli di disperazione, il desiderio di vivere, di manifestare il proprio io come senso di unicità. Nelle raffinate immagini, forme mutevoli si diramano in spazi sospesi, trovando la loro sostenibilità cosmica nelle affascinanti conflittualità plastiche delle composizioni. Una pura idealità, dal fascino arcano e misterioso, accarezza i volti e gli sguardi, interpretati da Grazia come geniali sovrapposizioni sequenziali, testimoni di lontani sogni, di effimeri istanti, di lirici battiti interiori. Le sue “Muse” ideali, cristalline e magmatiche diventano icone monocromo dell’Essere, sfumate verso pacate tonalità rosa, arancio e ocra del substrato.

La donna diviene forma unica dell’universo, archetipo di vita, immagine di armonica energia. L’essere icona ed eroina della modernità, preannuncia nuovi comportamenti, nuove forme di comunicazione, nuovi paradigmi introspettivi, che determinano altre identità, inedite risposte. Grazia Azzali vive da artista il disagio esistenziale del vivere, la metamorfosi degli animi e dei corpi nei confronti di nuovi mondi. Dee metropolitane della contemporaneità, le fanciulle di Grazia Azzali modellano, lo spazio, lo plasmano, lo inturgidiscono di eroica femminilità, dolce e profumata, sottesa nei meandri percettivi dell’io.

Corpi sinuosi e fluttuanti diventano paradigmi di sensualità, enigmi erotici colmi di sublimi universi sospesi in un nulla percettivo. Eleganti e dinamiche ninfe, sono colte dall’artista, in mitiche posture sottese da linee forza sempre rigorose e composte, creature ideali ed immutabili nel vago ed infinito susseguirsi degli eventi.


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