Grazia Azzali: una sorpresa di primavera

Grazia Azzali: una sorpresa di primavera

by Paolo Rizzi, Venezia 1985

Ho incontrato questa giovane pittrice in un limpido pomeriggio di marzo a Tombolo. Mi ha sommerso con una valanga di dipinti e disegni: un’autentica valanga. Ne sono rimasto, lo confesso, un po’ stordito. Sapevo che era stata una delle migliori allieve di Emilio Vedova all’Accademia di belle Arti di Venezia; che aveva esposto con successo alla Bevilacqua la Masa ma ignoravo del tutto quel che faceva. Sono uscito da quell’incontro con la convinzione di aver conosciuto un’artista di temperamento.

Temperamento, per me significa anzitutto autenticità biologica: polso e carattere. Ecco: queste doti Grazia Azzali ce le ha. Le basteranno, nella carriera di pittrice che vuole intraprendere? Mi pongo subito la domanda, perché mi sono reso conto che ella rifiuta ogni compromesso, ogni compiacimento alla moda, ogni adeguamento alle richieste di consumo. Il consiglio che le si può dare, per il momento, è di continuare, cioè di non lasciarsi “intruppare”. Le sue doti attendono una maturazione sul piano del linguaggio: maturazione spontanea non forzata. Dunque incoraggiamola ad esprimere meglio se stessa. Poi vedrà lei che strada prendere (ma so già che la strada è stata scelta). Finora Grazia Azzali ha molto sperimentato come doveva fare.

Sotto la guida di Vedova ha percorso tutte le strade dell’avanguardia storica: un’avventura eccitante, una continua scoperta del mondo delle forme. In precedenza, all’Istituto d’Arte di Cittadella, aveva studiato grafica pubblicitaria, fotografia, tipografia, serigrafia, incisione. Ho visto alcune opere di quegli anni tra cui parecchie fotografie di ambito scenografico neo- decadentistico, con un intelligente gusto del travestimento fin de siècle. All’Accademia di Belle Arti l’impostazione di base, oltre alle varie assimilazioni stilistiche, è stata quella di un linguaggio informale di natura segnico-gestuale. La pittrice s’è cioè adusata la mano non soltanto alle declinazioni del “gusto”, ma anche e soprattutto ai riflessi psichici. Automatismo: scrittura spontanea. Ed è qui che l’irruenza della sua natura s’è rivelata con una serie di immagini scattanti, libere, dense, persino frenetiche.

«É emersa presto la “linea” interna: cioè la presa di contatto con i meccanismi strutturali, biologici.»

Il segno di Grazia Azzali è essenzialmente organicistico: un flusso morbido e convulso, dal ritmo sotteso, eccitato,che tende a una ragnatela ben serrata. Diciamo che storicamente l’ambito è di un surrealismo automatico: quindi Tanguy, ma soprattutto Masson, Arp e via fino a Gorky e De Kooning. Chiaro che, se le molteplicità del segno sono queste, esse si intersecano con tutto un rigoglio di acquisizione dell’informale con cui la pittrice è venuta a contatto. É un continuo rinnovarsi , un continuo sperimentare: ma, sotto la qualità biologica del segno, pur nella molteplicità delle forme, ha modo di manifestarsi. Alcune opere lucide e scattanti, sono davvero di prim’ordine. Mi fermo qui per il momento. Grazia Azzali ha davanti a sé il tempo: una grande fortuna.

Questa mostra potrà diventare un utile test. Poiché sono convinto delle qualità sorgive della pittrice, attendo anch’io una conferma delle mie impressioni. E credo che con me le attende quel “mago” che è il suo maestro Emilio Vedova.

Come si vede sono in buona compagnia.