Torre d’Avorio

Torre d’Avorio

by Ives Celli, Cittadella 2021
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La torre da sempre ha rappresentato l’ambiente più ardito, pieno di contraddizioni, specialmente nel Medioevo, quando la torre si ergeva come simulacro delle genti, come elevazione dello spirito e come fortezza inespugnabile. Da sempre emblema di gloria e nobiltà, ma anche di chiusura, nel castigo e nella punizione.
Nelle immagini artistiche che ci propone Grazia Azzali, possiamo osservare come l’artista ci esponga il luogo simbolico della torre, magico e surreale, il quale si dispone nel catturare le tematiche del mistero nella propria contradditoria condizione, che salva e condanna, che eleva e annichilisce il senso umano.
Nella tradizione giudaico-cristiana, la torre d’avorio è simbolo di nobile purezza. Si trova per la prima volta nel Cantico di Salomone (7,5).
L’artista ci propone un viaggio simbolico nell’arte, per catturare le varie condizioni che si inseriscono nella dimensione dell’essenza umana, dentro la tipologia del messaggio onirico ed ancestrale.
Le presenze che abitano la torre, compiono un viaggio non definito, collegato con l’ambiente che si evolve come ritorno agli archetipi, per catturare sia il senso fiabesco, che culturale e ambientale, dentro i conflitti che slittano dentro la psiche, elaborando complesse trasformazioni, dove tutto si evolve nello stupore del divenire, con chi e con che cosa. L’artista desidera compiere una prodigio magico, che capovolga la torre, la quale si dispone come testimone degli eventi prescritti, inaugurando estreme identità, che oscillano dentro l’immaginario e l’inconscio, che espande ogni ragione di perdita e rivincita. Gli schemi che l’artista evolve assumono forme dilatate, le quali si sfaldano, per catturare l’essenza di un contenuto che si espande dentro le ragioni del vivere, dove gli avvenimenti incidono nel desiderio di libertà e riscatto.
Le tematiche scelte da questa pittrice ci conducono verso le ragioni umane, dentro i paragoni e le modifiche, nello sdoppiamento degli schemi, che navigano verso ragioni compulsive, ma profondamente umane. Le ragioni del mutamento simbolico, aiutano a modificare l’io pensante che si espande all’improvviso in altre identità, che hanno il compito di trattenere la funzione, che l’artista concede, per compiere un viaggio di riscatto, senza che venga spostato il desiderio, come idea di felicità. La pittrice evolve se stessa quindi, dentro i labirinti del non senso, muovendo energie sbalorditive, come una nevralgica anestesia dei termini inconsci in atto.
Il deforme nelle immagini espresse dalle opere, accentua il dinamismo spietato di ridurre la pena in atto, di non subire la negazione, ma renderla avvincente nelle modifiche illusorie della conquista identitaria. Le visioni oniriche si sfaldano, per celebrare il senso della continuità elaborativa del ripetuto abbandono, per risorgere in altre forme, in altre condizioni che ripetutamente si collegano all’estremo senso del ripetersi, per collegare se stessi nell’avventura del limite umano.
La torre d’avorio in questo senso, appare dentro l’avvio di una catarsi continua, per porsi come mezzo spirituale, che offre l’opportunità di un rifugio dalle ingiustizie e calamità, che la vita dispone nel percorso del vivere. Un luogo quindi di grazia e di luce, come viaggio dentro la speranza per catturare se stessi nella visione della propria conquista totale e celebrativa. Grazia Azzali quindi, compie un riscatto dentro una torre illusoria, che contiene il nostro vissuto dentro le tipologie di un mutamento perenne, che conduce la nostra anima a depositare il proprio eterno e struggente senso, della giustizia e della gloria.